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IL CONTRATTO CON IL CLIENTE. Sembra un punto scontato ma, al di là del mandato ufficiale che il professionista riceve, le aspettative delle due parti, a volte esplicite a volte implicite, non sempre coincidono. A volte il cliente può presentarsi confuso o emotivamente alterato e non sempre in grado di riconoscere ciò di cui ha bisogno e trascinare il professionista in questi territori confusivi. Un buon contratto deve basarsi su un –esplicito- consenso reciproco. Sarà compito del professionista attivare i passi che permettano il raggiungimento di questo obiettivo attraverso la gestione delle proprie emozioni e di quelle del cliente. IDENTIFICAZIONE DEI PUNTI CHIAVE. Il professionista deve saper individuare gli elementi chiave del racconto del cliente sia dalla prospettiva giuridica sia da quella psicologica/emotiva. Cosa il cliente evidenzia, cosa evita. Il professionista deve essere in grado di evitare il rischio di ignorare stimoli importanti o non riconoscerne il significato. Prevenire questi rischi può evitare le delusioni di abbandoni da parte del cliente. STABILIRE UN CONTATTO EMOTIVO CON IL CLIENTE. Avere un’ottima competenza tecnica può non bastare per il successo finale. Il cliente quando viene dall’avvocato si trova in una situazione di difficoltà, in uno stato di disagio. Il lavoro del professionista quindi non può essere solo un’attività intellettuale ma una modalità di “prendersi cura” della persona. Un buon contatto emotivo è quindi imprescindibile per stabilire quell’alleanza che potrà rendere efficace e soddisfacente la relazione professionista/cliente
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Dal 2007 ad oggi sono più di 100 le aziende Italiane fallite e rigenerate dai dipendenti con la trasformazione in cooperative; è il fenomeno dei Wbo, acronimo utile per comprendere da un lato la difesa del lavoro, dall altro la protezione del Made in Italy

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